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Intervista a Jawahar Bangera

 

Jawahar Bangera è nato in India nel 1950, ha iniziato a praticare yoga con B.K.S.Iyengar all’età di 19 anni, nel 1969, e dal 1980 lo insegna. È sempre stato molto vicino a Guruji e viene unanimemente considerato uno degli insegnanti di Iyengar Yoga più avanzati: è invitato a insegnare in tutto il mondo. Nel 2012 è stato intervistato da Fernando Garcia Aguinaco, della Associazione Messicana.


Quando, come e perché hai iniziato a praticare yoga?
Dal 1964 al 1968 sono stato in collegio. Quando, finita la scuola, sono ritornato a casa, la mia
famiglia praticava yoga con Guruji (B.K.S. Iyengar). Fu quindi naturale che cominciassi anch’io.
Era il 1969. In quegli anni, Guruji aveva l'abitudine di fare un viaggio in Europa nel mese di
maggio. Avevo finito la scuola in marzo, in aprile tornai dai miei a Mumbai e a maggio iniziai a
studiare yoga. Guruji si trovava in Svizzera, e i suoi studenti più avanzati, come Sam e Freny
Motivala, Burzo Taraporewala e Dhun Palkhiwala tenevano le lezioni in sua assenza. Quando
Guruji ritornò e venne a Mumbai ad insegnare (come allora faceva una volta alla settimana NdR)
iniziai la pratica dello Yoga.
 
Direttamente con Guruji?
Sì, direttamente con Guruji, Soltanto Iyengar Yoga, tutta la vita.
 
Quindi fu soprattutto per ragioni famigliari che cominciasti?
Esatto, perché la mia famiglia praticava yoga. Io ho proseguito e infine, con il passare degli anni,
ho lasciato tutto il resto.
 
E a insegnare quando hai cominciato?
Da giovane, quando frequentavo le lezioni di Guruji e dei suoi studenti di Mumbai, l’idea di
insegnare non mi sfiorava minimamente: non mi era mai venuto in mente di poterlo fare e non ne
sentivo nemmeno il desiderio.
Ma nel 1980 mi contattò uno degli studenti di Guruji, Burzo Taraporewala, che insegnava presso
l'hotel Taj Mahal, chiedendomi se fossi disposto a sostituirlo perché lui andava negli Stati Uniti per
tre mesi. Gli dissi che non potevo rispondere subito, di darmi del tempo per pensarci. Fu un lunedì
di aprile: la data non la ricordo, ma era sicuramente un lunedì. Il giovedì della stessa settimana
Guruji venne a Mumbai per le nozze di Pardola, una delle figlie di un suo studente, Madhubhai
Tijoriwala. Guruji e alcuni suoi studenti, me compreso, eravamo a cena insieme. Guruji affrontò il
discorso: “Questo nostro amico -indicando Taraporewala- va in America per tre mesi, perché non
insegni tu ai suoi studenti?” Allora gli chiesi: “Pensi che sia capace di insegnare?” e lui: “Sì, sei
capace di insegnare”. E siccome Taraporewala era presente e sentiva tutto, ho accettato la sua
offerta.
Non avevo nessun desiderio di insegnare, né mi ci sentivo portato; ciononostante grazie a loro mi
ritrovai a farlo. E così, insegno Yoga dal 1980. Ho iniziato a dare lezioni nel club dell'hotel Taj
Mahal e anche nel Cricket Club of India. I miei inizi sono quindi avvenuti in circoli privati, per ricchi.
Le lezioni per tutti iniziarono invece nel 1990, dato che nel frattempo questi club avevano chiuso, e
continuano tuttora.
 
Per grazia di Dio?
Sì per grazia di Dio e grazie a Guruji!
 
Però non ti dedicavi soltanto all’insegnamento...
No, ero impiegato in un negozio di proprietà della mia famiglia, per cui insegnavo al di fuori
dell'orario di lavoro. La lezione del mattino era dalle 7 alle 9, prima dell’apertura, e quella della sera
dalle 18 alle 20, dopo la chiusura. Così andava bene, non interferivano con il lavoro.
 
Facevi lezione tutti i giorni?
Quasi: dal lunedì al sabato.
 
Quanti anni dopo hai deciso di dedicarti esclusivamente allo Yoga?
Nel 2002 abbiamo chiuso il negozio, ma le lezioni andavano bene. Allora ho pensato: perché non
continuare soltanto ad insegnare? E di nuovo, per grazia di Dio, funzionò. Dunque dal 2002
insegno a tempo pieno.
 
Interessante, dopo 22 anni: fu un grande cambiamento nella tua vita?
In realtà no, direi che la transizione non l'ho sentita nemmeno, è avvenuta in modo molto naturale.
Un giorno stavo in negozio, poi abbiamo deciso di chiuderlo, ma lo yoga è proseguito, a quel punto
con tutta la mia attenzione.
 
Nessun sacrificio?
No. Una volta ancora per grazie di Dio...(breve pausa di silenzio) e suppongo non solo per grazia
di Dio. E' necessaria anche la grazia del guru. Quindi tutto quello che dico è per grazia di Dio e per
grazia del guru. Tutti e due sono importanti. Niente può progredire senza la grazia di Dio e la
grazia del guru.
 
In che modo senti che la pratica dello yoga possa portare benefici ad una comunità, o, in una
prospettiva più ampia, alla società?
Innanzitutto occorre comprendere che bisogna iniziare a piccoli passi: l'individuo fa parte della
società, e man mano che un individuo progredisce, gli altri seguono il suo esempio, è così che si
comincia ad espandere; non si può di colpo decidere che tutto il mondo deve praticare lo yoga.
Lo studente di yoga deve praticare prima Yama e Nyama.
Yama (i principi morali dello yoga: Ahimsa,la non violenza; Satya, la verità; Asteya, il non rubare e
non appropriarsi indebitamente; Bramacharya, la continenza; Aparigrapha, il non accumulare)
sono per l'armonia della società.
Niyama (i doveri morali individuali: Saucha, la pulizia; Santosha, l'accontentarsi; Tapas, il praticare
la disciplina con devozione; Svadhyaya, lo studio di sé; Isvara Pranidhana, arrendere se stessi
all'assoluto) sono per la pratica personale.
Quindi, i primi cinque occorre seguirli per gli altri, i cinque seguenti per se stessi, e questo è il
modo per mantenere l'armonia.
Da uno studente di yoga ci si aspetta che segua Yama e Niyama, che costituiscono una pratica
che trasforma; col tempo gli altri si accorgeranno di questa trasformazione e avranno il desiderio di
imitarlo.
E' così che poco per volta la società acquista i benefici dello yoga. Se le persone sono egoiste e
avare niente può funzionare.
Ahimsa, Satya, Asteya, Bramacharya, Aparigrapha sono i principi a beneficio della società e
tutta la società ne trae vantaggio. Si deve soltanto mettere in pratica questi principi; quando li si
pratica, la società ne ottiene benefici, tutta l'umanità ne ottiene i benefici. È in questo modo che lo
yoga aiuterà a modificare la società, lasciando un segno profondo.
 
Credi che le posizioni yoga (yogasanas) aiutino la gente a capire in modo più chiaro Yama e
Niyama?
Si. Ad esempio, prendiamo la violenza: quando nella tua pratica sei aggressivo ti fai male, cioè il
tuo comportamento violento ricade su di te, e sperimenti in prima persona gli effetti della violenza;
di conseguenza quindi non desideri portare violenza agli altri. Così gli asana in sé insegnano a
non essere violenti con se stessi, ad essere onesti con se stessi, a non eccedere con l'energia da
un lato né l'inerzia dall'altro, ad osservare Asteya, il principio del non rubare. Quando si lavora
intensamente da un lato del corpo si priva di energia l'altro lato, il che è lo stesso che rubare.
Invece, quando si concentra l'energia dentro di sé, permettendole così di circolare in tutto il corpo,
si recupera un aspetto di Bramacharya, continenza, preservando l'energia e facendo in modo che
non si disperda.
Cioè, i principi di Yama si possono imparare attraverso la pratica degli asana. Ed è così che Guruji
ha insegnato. Se invece cominci ad insegnare dicendo “non essere violento, non rubare, di' la
verità ecc.”, nessuno ti darà retta.
In realtà Patanjali dice Yama, Niyama e Asana, in quest'ordine: cioè , per prepararsi a studiare sul
tema dello yoga, si aspetta che si seguano in primo luogo i principi di Yama e Niyama, dopodiché
si è qualificati ad imparare gli asana.
In questo caso, nessuno di noi sarebbe qualificato per gli asana se prima non segue questi
principi. Ma quando si inizia a praticare gli asana, si inizia anche a comprendere i principi di Yama
e Niyama e si comincia a seguirli. E' un processo inverso perché ora la società è così. In passato
la gente seguiva l'ordine corretto di Yama e Niyama. Oggi nessuno segue Yama e Niyama, ma
vogliono subito fare gli asana.
Quindi non importa, purché gli studenti seguano le lezioni regolarmente, così potremo pian piano
far loro capire il valore di Yama e Niyama, e questo farà di loro cittadini migliori, con beneficio per
la società tutta.
 
Vorrei chiederti dei consigli per i diversi tipi di praticanti. Quante lezioni alla settimana raccomandi
per un principiante?
Per un principiante direi, se possibile, almeno due, con un intervallo di due giorni, in modo tale da
mantenere la continuità. Quindi, supponendo che vada a lezione il lunedì, la volta dopo dovrebbe
essere il giovedì, se il martedì, la seguente dovrà essere il venerdì, così da lasciare un intervallo di
due giorni: quando si è agli inizi, dopo la lezione, il corpo si stanca e il giorno seguente ha bisogno
di riposare. Ripeto, un principiante fa fatica a praticare quotidianamente, il giorno dopo la lezione si
sente indolenzito, dolorini da tutte le parti. Passati due giorni invece si sentirà meglio, e sarà in
grado di seguire in maniera vantaggiosa la lezione, e avanti così, finché non svilupperà una pratica
personale. Fino a questo momento, almeno due lezioni la settimana, come minimo, sono un buon
modo per iniziare.
 
A proposito invece della pratica personale: quando consigli che uno studente cominci a praticare
a casa?
Direi questo: quando l'insegnante nota che lo studente è in grado di comprendere gli asana e
come devono essere praticati, allora gli deve dire che può iniziare una pratica personale. Se
subito, alla prima lezione, si invitano gli allievi a ripetere quel che hanno fatto, c'è anche il rischio
che si possano fare male perché non ricordano correttamente, non sanno quali sono gli
aggiustamenti e quali le correzioni. Non si può imparare subito, ci vogliono dei mesi per acquisire
una comprensione sufficiente delle basi. Una volta che hanno compreso i concetti di base, una
volta che l'insegnante si rende conto di essere stato capito, allora va bene che inizino a praticare
anche da soli. Altrimenti, ripeto, si possono fare danni, perché ancora non conoscono il modo
corretto di praticare gli asana, e creano solo preoccupazione all'insegnante, o si fanno male e
vanno direttamente dal medico, il quale probabilmente gli dirà di smetterla con lo yoga!
Quindi per la pratica personale occorre aspettare un po' di tempo, solo per sicurezza.
 
Con che frequenza e per quanto tempo ci si deve dedicare alla pratica personale?
Supponiamo che uno studente frequenti una lezione dalle sei e mezza alle otto del mattino: si è
abituato ad alzarsi per quell'ora; in questo caso, supponendo che lo studente frequenti il lunedì e
giovedì, allora il martedì si può alzare e praticare, diciamo, dalle 6,30 alle 7,30, un'ora, o può
limitarsi a 45 minuti, tanto per cominciare.
In questo modo inizia ad imparare ad alzarsi in un momento determinato e a conservare questa
abitudine come disciplina per la pratica. E' come quando si decide di fare colazione alle nove in
punto, si sa e si mantiene l'orario: nello stesso modo si può fissare il tempo per la pratica, che pian
piano diventa un'abitudine, parte della propria vita. Tutto nella vita lo regoliamo secondo degli orari,
anche per la pratica dello yoga occorre avere un orario, che può essere di mattina, di pomeriggio o
di sera, ma sempre lo stesso. Lo si sente, qual è il momento giusto, quello che può funzionare.
Mantenerlo poi dipende da quanto uno è disciplinato e sincero. Niente si deve sovrapporre
all'obbiettivo: se si ha un appuntamento di lavoro, lo si prende in un orario diverso da quello
fissato per la pratica, ad esempio; oppure, evitare di prendere appuntamenti per cena se vanno a
sovrapporsi alla pratica serale.
 
Secondo te, qual è obiettivo principale di un insegnante di yoga?
Gli obiettivi sono più d'uno: raccomando di leggere gli articoli di Guruji per saperne di più.
Come devono essere gli insegnanti? Quale deve essere il loro comportamento? Credo sia scritto nel
manuale Linee guida per insegnanti di Yoga, pubblicato dal Ramamani Iyengar Yoga Institute di
Pune (pubblicato in italiano dalla LOYI ndr) Come si devono comportare gli insegnanti? Quale
deve essere il loro atteggiamento? Credo che questo sia il testo migliore sull'argomento.
Soprattutto, se devo essere sincero, si deve avere empatia nell'insegnamento, si deve avere il
massimo rispetto per ciascun allievo.
 
Come intendi l'insegnamento dello yoga?
Come un servizio: quando si vede l'insegnamento dello yoga come una professione, lo si
considera allora alla stregua di ogni altra attività remunerativa, mentre se lo si vede come un
servizio, lo si svolge al meglio. Si dovrebbe rimanere più orientati al servizio: il guadagno arriverà
comunque, ricordando che arriva solo per grazia, per grazia di Dio, per grazia del guru.
Ribadisco: se l'obiettivo è il profitto, diventerà una questione imprenditoriale, bisogna invece
considerare l'insegnamento un nobile servizio. La nobiltà del pensiero è molto importante
nell'insegnamento, perché l'argomento è nobile, quindi deve esserci nobiltà in quello che si
insegna.
 
Secondo te, qual è la funzione principale di una associazione di yoga?
L'associazione è necessaria per coordinare i diversi insegnanti di yoga di un Paese. Però è
importante chiarire che deve fondarsi sui quattro principi di cui parla Patanjali: Maitri (benevolenza,
senso dell'amicizia), Karuna (compassione), Mudita (Allegria) e Upeksha (indifferenza e non
attaccamento al piacere e al dolore).
Deve crescere come una sola unità, comprendendo tutti, tutti gli insegnanti, tutti gli associati: se è
così, l'associazione godrà di buona salute; se invece sono in pochi a trarne vantaggio tenderà a
distruggersi. Anche la direzione dovrà essere formata da soci esemplari, in grado di dare il buon
esempio, dal punto di vista personale, del comportamento, dell'attitudine sincera. Non si deve
essere sospettosi, nel trattare con le persone e non si devono vedere i rapporti e gli eventi
fermandosi ad un livello personale; bisogna ragionare a livello generale, in modo che tutti
traggano vantaggio. L'idea di associazione è che tutti possano crescere insieme: tutti i soci devono
avere accesso alle informazioni, che assolutamente non devono rimanere in mano ad una sola
persona. Quando una persona riceve un'informazione deve immediatamente condividerla con tutti
gli altri. Solo così l'associazione crescerà sana. Diversamente, se viene considerata da qualcuno
come un occasione di profitto personale, è impossible che possa prosperare.
Se lo yoga deve crescere allora l'associazione dovrà essere gestita da una persona che pensi
prima a tutti gli altri soci, e poi a se stesso. Tutti devono rimanere in armonia, l'uno con l'altro, così
nell'associazione non ci sarà nessun problema. Questo dipende dal carattere di ognuno: se una
persona è buona, voglio dire che se una persona è utile, sarà di utilità; se non è egoista (se c'è
egoismo non può funzionare), se è amabile, come ho detto, se c'è compassione, se c'è Mudita
(felicità per il successo altrui) e disprezzo del vizio, allora tutto andrà per il meglio. E questi poi non
sono altro che i quattro principi di cui parla Patanjali. L'azione deve venire dal cuore e non dalla
testa: lo yoga non è un soggetto per la testa, è una questione di cuore. E' universalità.
“Jati desa kala samaya anavacchinnah sarvabhaumah mahavratam” "Yama sono i grandi voti,
potenti e universali, non condizionati spada luogo, tempo e classe" (Yoga Sutra, II, 31) Patanjali
dice che lo yoga è per l'intero universo. Non si limita all'India. Quello che è universale deve
provenire dal cuore.
 
Cosa suggeriresti ad un praticante di yoga interessato a diventare insegnante?
Il suo insegnante sarà il giudice migliore per valutare se questa persona ha il potenziale per
diventare insegnante o no. Se si ha un allievo che sta crescendo bene, che è in grado di capire,
che è dotato di buon carattere e di forza morale, allora lo si può aiutare a diventare insegnante.
Mentre se uno studente decide di diventare insegnante senza averne le qualità, non è opportuno
avviarlo verso l'insegnamento. Come ho raccontato prima, noi non avevamo nessuna aspirazione
A diventare insegnanti, nessuno di noi! Però avevamo fiducia totale, e la spinta ad insegnare per
noi giunse dalla fonte. Oggi invece le persone appena iniziano a praticare desiderano già
diventare insegnanti; ma prima bisogna essere studenti, è solo attraverso lo studio che si
svilupperanno le qualità necessarie per diventare insegnanti. Per insegnare non è sufficiente
impartire delle istruzioni: il carattere dell'insegnante deve aiutare il suo studente a crescere, a
formare la mente, non soltanto il corpo, fino anche a forgiare la mente dello studente, in modo che
si purifichi.
A Mumbai se vediamo che uno studente ha il potenziale per diventare insegnante lo segnaliamo
agli altri insegnanti in modo che lo osservino e lo valutino, in modo tale che se in quanto suo
insegnante mancassi di obiettività, gli altri probabilmente riusciranno invece a vederne le carenze
e potranno segnalarle; può capitare di non essere in grado di vedere i difetti dei propri studenti,
mentre un'altra persona, più imparziale, può valutare con maggiore chiarezza, il che aiuterà lo
studente a migliorare. Quindi lo studente deve essere mostrato a diversi insegnanti, che potranno
valutarlo meglio, perché in caso contrario la decisione potrebbe non essere imparziale.
 
Parliamo quindi di nuovo di comunità?
Sì, ancora una volta c'è il lavoro di insieme, in modo che tutti possiamo collaborare per aiutare una
persona a crescere.
 
Hai una preferenza per qualcuno degli Yoga Sutra o qualche sezione degli Yoga Sutra di Patanjali?
Proprio no. Sono tutti belli (ride). Sono tutti degni di essere menzionati. Non si può quindi indicarne
uno come preferito, proprio no. Ce ne sono tanti!
 
Ci sono, tra gli Yoga Sutra, dei versi in particolare che tieni presente più frequentemente?
Direi di no. Quando insegno dipende dalle varie situazioni, a seconda di quello che succede
durante la lezione scelgo quali dei Sutra citare: se si danno delle informazioni senza fornire il
contesto citando i Sutra gli studenti non possono capire l'origine di queste informazioni, mentre se
l'insegnante cita gli Yoga Sutra è diverso, all'improvviso capiscono: “Ah, ma questo è scritto!” Ciò
che stiamo imparando a lezione è stato scritto: ci rendiamo del perché pratichiamo e come
pratichiamo, altrimenti, come capire perché stiamo praticando? Qual è l'obiettivo? Come dice
Guruji, cerca l'allineamento, ma qual è lo scopo dell'allineamento? Qual è la definizione di Sthira e
Sukha in una asana? Perché Patanjali dice prima di essere stabile e poi di essere comodo?
Perché? Durante la pratica, quando si vede che gli studenti si trovano in uno stato stabile, li si può
invitare ad esaminare cosa dicono i Sutra a questo o quel proposito. Costituiscono un riferimento,
altrimenti lo studente continuerà a a chiedersi: perché devo girare il mio piede in questo modo?
Perché non in un altro modo? Quale differenza fa se il coccige sta in fuori e la testa pende in
avanti? Per esempio, in Trikonasana. E' quello che spiegavo questa mattina. Perché è così
importante? E' importante per migliorare, e il senso di direzione è dall'esterno verso l'interno, da
Annamaya Kosha a Anandamaya Kosha.
Come si migliora? Il miglioramento può accadere soltanto se si sa da dove partire. Prima viene la
stabilità, poi l'elemento della comodità, del sentirsi a proprio agio nella posizione: Sthira e Sukha
per poter comprendere, mantenendo la posizione, la penetrazione della mente dall'esterno
all'interno e dall'interno, ed è così che si capisce il senso dei Sutra, è fondamentale; diversamente,
rimanere stabili per 10 minuti in Sirsasana non ha alcun significato. Ripeto, ogni tanto dei
riferimenti vanno dati: perché nella pratica si fa quello che si fa? Il riferimento si può trovare negli
Yoga Sutra.
 
Così si può plasmare la mente?
Esatto! Così gli studenti vengono a conoscenza del contesto e del motivo per cui ricevono
determinate istruzioni. Se vai a un corso di geometria ti insegnano prima i teoremi e poi come
risolvere i corollari, in un secondo tempo capirai gli angoli e saprai perché questi angoli vengono
insegnati e quale è la loro importanza.
 
Che cosa ti piace nella vita oltre all'insegnamento dello yoga? Quali sono i tuoi interessi?
A dire il vero, non ho nessun altro interesse; avevo l'abitudine di ascoltare molto la musica, ma
adesso che mi dedico allo yoga non ho tempo di ascoltare musica o andare al cinema e cose del
genere; ma devo dire che, anche se non ascolto più l'armonia della musica, mi accorgo che c'è
molta armonia nella pratica dello yoga. Si conoscono moltissime persone e spesso si ha la
la possibilità di aiutarle, si è in grado di essere utili, e sentirsi utili è una grande soddisfazione. E
se si è soddisfatti non si desidera altro. Quindi no, non ho bisogno di nessun hobby, trovo che i
passatempi sono per le persone che hanno bisogno di distrarsi, e non è il mio caso: se sono da
solo pratico oppure mi siedo a leggere un giornale, per essere informato di quello che succede nel
mondo; leggo gli Yoga Sutra o altri libri sullo yoga, vedo sport (soprattutto trasmessi in diretta in
televisione) e i telegiornali. Tutto qua. Come dire, gli hobby sono per le persone che si annoiano. Io
non mi annoio, passo da solo la maggior parte del tempo e non sento la necessità di stare in
compagnia, di parlare con qualcuno. Sono capace di stare da solo.
 
C'è un asana che preferisci?
Tutti gli asana sono i miei preferiti!
 
Il momento preferito per praticare gli asana?
Sempre, sempre quando ho del tempo libero; di fatto, me lo devo prendere il tempo per praticare.
Quando ho tempo, è sempre un buon momento.
 
La durata ideale di una lezione di yoga?
Credo che due ore vadano bene: con tutte le spiegazioni che si danno, fermando la pratica, in una
lezione di due ore gli allievi possono praticare almeno un'ora e mezza.
 
Lezione di yoga al mattino, mezzogiorno, pomeriggio o sera?
Al mattino. E il motivo è che spesso gli studenti non sono capaci di regolare le loro abitudini nei
pasti. Quindi se si ha lezione, per dire, alle dieci in punto, ci sarà la tentazione di fare colazione
alle otto. Se non altro, la mattina presto è un buon momento perché vengono a stomaco vuoto; è
davvero difficile assettarsi che la gente stia senza mangiare, quibdi la mattina presto è meglio.
Dopo, il momento migliore è la sera, terminando la lezione almeno un'ora prima di cena: alla sera
il corpo è morbido e bisognoso di ristoro, dunque è un altro buon momento.
 
Cibo preferito?
Peperoncino piccante...No, non sono sicuro. Tutto quello che è commestibile e vegetariano. Mi
piace il piccante. Per quello ho detto “habanero”
 
La macchina preferita?
Ahhh! La Ferrari, facile!
 
Sport favorito?
Formula Uno.
 
Formula Uno? Sei andato al Gran Premio a Delhi?
Si, ci sono andato in macchina (la distanza è di 1450 chilometri)
 
Libro preferito?
Direi gli Yoga Sutra
 
Un libro preferito che non sia di yoga?
Fumetti, tutti i fumetti, mi piacciono molto Asterix e Tin Tin; i fumetti sono la mia lettura preferita,
testi di yoga esclusi, appunto.
 
Giornale preferito?
Nessuno
 
Nel corpo, preferisci il lato sinistro o destro?
Tutti e due
 
E nella testa?
Lo stesso! È per questo che pratichiamo sempre le posizioni da entrambi i lati. Qual è l'obiettivo
di fare le posizioni dai due lati? Coltivare i due emisferi cerebrali e imparare a trovare l'equilibrio.
Per questo consiglio alle persone che usano il computer tutti i giorni di cambiare tutte le lune il
mouse, da destra a sinistra e da sinistra a destra. Personalmente, tutti i giorni mi rado con la mano
sinistra, in modo tale che ora mi sento sicuro a rasarmi con la mano sinistra. È così: se si
utilizzano entrambi i lati del cervello si coltiva l'equilibrio.
 
E in politica, sinistra o destra?
Al centro, perché tutti devono ottenere benefici. Non credo nell'estrema sinistra o nell'estrema
destra. Nell'estrema sinistra nessuno ottiene benefici, nell'estrema destra solo uno o pochi. Il
meglio che si può fare è essere universali. Quindi il cammino al centro è il migliore. Moderazione.
La moderazione è la strada migliore perché tutti abbiano dei vantaggi.
 
Caffè o tè?
Nessuno. Non ho un favorito. Mi piacciono entrambi. Se sono in casa preferisco il caffè, se sono
fuori il te. In realtà la bevanda che preferisco ė l' acqua, né caffè né tè, acqua.
 
Limone o mango sotto aceto? (pickles)
Limone
 
Sottaceti o peperoncino?
Peperoncino! Sempre (ride)
 
Sirsasana o savasana?
Sirsasana
 
Molte grazie
Di niente.
 

Si ringraziano Fernando García Aguinaco, Chantal Gómez Jauffred e l'Asociación Mexicana de Yoga Iyengar per aver autorizzato la traduzione e la diffusione del testo.

Autore: Fernando García Aguinaco

Traduzione e revisione: a cura di Emanuela Zanda ed Eugenia Dalla Valle

Intervista originale www.amyi.org

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